Come cucinare una buona ricetta?
La scuola è il primo vero grande contesto in cui l’individuo si sperimenta come essere individuato, in una dimensione comunitaria di persone con ruoli e gerarchie differenti.
I vari ruoli sociali agenti nella comunità-scuola hanno a loro volta aspettative implicite ed esplicite sugli altri attori convolti nel processo educativo…e culturale.
Ecco un’ipotesi di rappresentazione sociometrica delle reciproche aspettative implicite:

Emerge qui la non corrispondenza tra le diverse aspettative, dovuta ad una comunicazione talvolta parziale sul piano educativo, oltre che didattico. Molte scuole consolidano il rapporto famiglie-scuola-alunni con il Patto Formativo, firmato a tre mani ad inizio d’anno, ma sappiamo che si tratta di un accordo unidirezionale, in cui non è stato possibile esplicitare in modo circolare aspettative e vincoli, dando uguale spazio di parola e pensiero a tutti gli ‘attori’ in gioco.
Nella nostra società, pregna di comunicazioni trasversali e complesse, tutti gli attori hanno teoricamente pari diritto e spazio di parola, alimentando attraverso i media-social dinamiche in cui può accadere di rimbalzarsi reciproche responsabilità e ‘funzioni’ di ruolo. Ne consegue che si perde di vista il ‘chi fa cosa’?
Allora ecco perchè parlare di responsabilità oggi?
Perchè le modalità comunicative e organizzative del tempo attuale consentono di svicolare in modo semplice e naturale dalle responsabilità individuali per una serie di ragioni.
In parte perchè il mondo social veicola modalità anonime quanto egocentriche di esaltazione della soggettività, ma senza troppo implicare le persone/cittadini in un reale sforzo di azioni significative per la collettività, responsabili e riconoscibili ai fini di un’evoluzione culturale della Comunità di appartenenza.
In parte perchè ci stiamo facilmente abituando ad una modalità soft di partecipazione all’esperienza reale, in cui è sufficiente cliccare “partecipo” per darci l’illusione di essere realmente parte di un avvenimento, così come è facile decidere di non partecipare ad un impegno preso, in virtù di una percezione della propria presenza come accessoria, non fondamentale, ulteriore a quella di molti altri, altrettanto anonimamente non essenziali.
Sto ovviamente estremizzando…ma neanche tanto!
Accade così che i luoghi che da sempre detenevano un ruolo centrale nella formazione dell’individuo, ai fini di un sempre crescente coinvolgimento del futuro adulto nel processo trasformativo dei luoghi di vita e lavoro, perde spessore e accompagna quel senso di transitorietà delle persone nei luoghi importanti dell’esistenza, tra cui la scuola.
E proprio come gli studenti non avvertono il potere culturale della scuola, come luogo di crescita formativa personale, prima ancora che come luogo di sviluppo di competenze tecniche ad uso del futuro ‘lavoratore’, ugualmente gli insegnanti si sentono ‘depotenziati’ nel valore scientifico e culturale che dovrebbero o potrebbero trasmettere ai giovani alberelli ancora acerbi.
Più che mai al tempo attuale di transitorietà delle esperienze, in luoghi molto spesso fruibili con ‘modalità leggere’ di appartenenza e partecipazione, la scuola detiene un ruolo centrale come agente educante sul piano non solo didattico e culturale, ma anchee soprattutto sociale e umano, perchè proprio dentro la scuola si giocano e si agiscono i meccanismi relazionali che preparano i futuri cittadini ad una visione del mondo poliedrica e multiculturale, che ci piaccia o no, portatrice di saperi complessi e integrati.
Agli insegnanti l’arduo compito di mescolare gli ingredienti saporiti e coraggiosi di questa preziosa ricetta!